Quando si gestisce un’azienda grande o piccola che sia, è fondamentale tracciare un percorso, cercare di visualizzare dove si vuole andare e come lo si vuole fare.
Noi ci siamo dati solamente tre regole.
Definito il percorso, non resta che seguirlo… tutti i nostri investimenti in tempo, risorse e denaro sono orientati alla soddisfazione di questi tre punti.
Quella nebbiosa mattina d’inverno ero terribilmente in anticipo; è sempre così quando ho un appuntamento lontano da casa comincio a vedere tutto nero: e se la tangenziale fosse bloccata? e se la nebbia fitta mi costringesse ad andare a passo d’uomo? e se la mia usurata macchina si guastasse? Ad ogni se, aggiungo minuti al tempo di percorrenza, così che mi trovo a partire molto presto per poi far passare il tempo in qualche bar a poca distanza dal luogo dell’appuntamento.Quella nebbiosa mattina ancora un po’ assonnato e infreddolito ero seduto al tavolino di un bar che sorseggiavo un cappuccino tiepido senza schiuma, e un croissant di dubbia freschezza; ero di pessimo umore. Avevo un appuntamento con una persona sgradevole, il tempo atmosferico non aiutava di certo e la colazione dava il colpo di grazia; l’unica cosa che come sempre riusciva a strapparmi un sorriso erano le pungenti righe di Gramellini sulla prima pagina de “La Stampa”.
Mentre ero immerso nella lettura riconobbi una voce famigliare che ordinava un cappuccino ben caldo e con molta schiuma, e mentre pensavo che anch’egli sarebbe rimasto deluso quanto me, alzai lo sguardo ebbi un tuffo al cuore e riconobbi Francesco.
Francesco era un mio compagno di classe delle superiori, era soprannominato “il gigante buono” per il suo peso e per il suo carattere molto mite.
Era perfettamente identico alle superiori, solamente un po’ stempiato e con qualche chilo in più, ma notai subito che non aveva più quello sguardo solare e il sorriso che sempre, a quei tempi, aveva stampato in faccia.
Indossava una divisa di un famoso corriere espresso che io riconobbi immediatamente; dopo una calorosa stretta di mano lo invitai a sorseggiare il suo cappuccio al mio tavolo, ma lui mi disse che aveva troppa fretta, ingoiò in due bocconi il croissant. Con il sorriso gli ricordai quando tentò di mangiare un arancio in un solo boccone, ma lui continuando a dondolare sui piedi e con la bocca ancora piena, insisteva nel dirmi che aveva fretta, aveva moltissime consegne da fare entro sera è già sapeva che non ce l’avrebbe fatta.
Poi di scatto si portò verso il bancone, trangugiò il cappuccino appena tiepido, si avvicinò nuovamente al tavolo con lo sguardo a terra e quasi a giustificarsi mi disse che durante la crisi era stato licenziato e questo era l’unico lavoro che era riuscito a trovare; viveva con il terrore di perderlo, poi quasi si fosse ricordato di aver lasciato il gas aperto, mentre si dirigeva verso l’uscita mi salutò e si scusò in quanto aveva fretta, molta fretta, aveva molte consegne da fare…
Durante tutta la giornata pensai all’incontro del mattino e verso sera, mentre ero in coda in tangenziale, feci una riflessione su come la mia piccola azienda si doveva approcciare al mercato ed in particolare su come dovevo produrre e distribuire in modo sostenibile.
Noi apicoltori, se non facciamo attenzione, rischiamo di essere i più grandi e subdoli ipocriti del mercato.
Siamo considerati da tutti come gli ambientalisti per eccellenza, come i “paladini senza macchia” della natura, siamo i “guerrieri” che si prendono cura dell’ape, difendono la natura, e garantiscono cibo a tutta l’umanità.
Ma è sempre così?
Conosco molti apicoltori che si vantano di vendere il loro miele in tutta Italia e all’estero, e devo dire che razionalmente mi inorgoglirebbe molto pensare che il mio miele possa essere presente in tutti gli scaffali delle principali erboristerie italiane.
Ma è la cosa giusta?
Io credo che in Toscana, ad esempio, ci siano apicoltori molto più bravi di me , in grado di fare del miele buono come il mio o addirittura più buono e allora per quale ragione devo mandare il mio miele a Firenze?
Qualcuno potrebbe sottolineare il fatto che in Piemonte ad esempio non si fa il miele di Agrumi e quindi se un Torinese ha piacere di mangiare tale prodotto è obbligato a farlo arrivare dalla Sicilia, e a tal proposito vi voglio narrare il seguente breve episodio.
Alcuni anni fa andai in vacanza con la mia famiglia in Provenza, eravamo ospiti presso un agriturismo ed eravamo soliti fare colazione con pane tostato, burro salato e miele di Lavanda, devo dire che quel miele era qualcosa di fantastico, mai avevo assaggiato un miele così profumato e prima di andare via ne acquistammo un barattolo.
Le mattine successive, arrivati a casa provammo a ricreare la stessa colazione ma ahimè il miele non aveva lo stesso sapore; quello che rendeva speciale il prodotto non era il prodotto fine a se stesso ma era la serenità e la tranquillità della vacanza, erano i profumi della campagna provenzale, erano i colori che si scorgevano dal terrazzo dove facevano colazione.
Noi in Piemonte abbiamo la fortuna di poter ricavare miele da molte essenze basti pensare al Tarassaco, all’ Acacia, al Castagno, al Tiglio, al Rododendro, al Ciliegio,alla Melata di Bosco, e ai numerosi millefiori; sicuramente il consumatore potrà trovare il miele che più va incontro ai propri gusti senza far arrivare mieli particolari da posti lontani.
Quando si parla di sostenibilità della produzione, bisogna riflettere nel nostro caso a quanto gasolio bruciamo o a quanta energia elettrica utilizziamo, non solo per produrre, estrarre e invasettare il miele, ma anche per distribuirlo.
Per sostenibilità intendo anche una sostenibilità sociale, ovvero produrre nel rispetto dell’uomo, e nello specifico, non far lavorare la gente in nero e garantire un giusto compenso e un giusto contratto a chi lavora per noi.
In quella giornata, mentre ero in coda in tangenziale ho preso una decisione sicuramente molto limitante, ma penso giusta : Làmel non consegnerà in tutta Italia, tantomeno all’estero ma solamente nella zona nord-ovest d’Italia, e non garantirà la consegna in 24 o 48 ore ma ci prendiamo una settimana, non perché siamo pigri, ma perché la prossima volta che incontrerò Francesco vorrei trascorrere con lui almeno 10 minuti per ricordare gli spensierati tempi passati.